di Ludovica Schiaroli
I muri a secco sono parte del nostro patrimonio naturale, in Liguria come in Sicilia, in Trentino come in Abruzzo. Un paesaggio che racconta la storia di pastori e contadini che hanno lasciato in eredità centinaia di capanne, muretti e complessi in pietra a secco, oggi spesso abbandonati, resi invisibili dalla vegetazione, e in cattive condizioni.
Eppure in questi anni sono nate tante iniziative volte al recupero e restauro di questi preziosi manufatti.
Con il progetto Stonewallsforlife vogliamo anche raccontare quanti in Italia, e non solo, si impegnano per valorizzare i muri a secco, un patrimonio antico che ancora oggi può diventare uno strumento utile per contrastare i cambiamenti climatici.
Nel Parco Nazionale della Maiella, in Abruzzo, l’anno scorso è partito il primo corso per la costruzione e il recupero di muri e capanne in pietra organizzato dall’Ente Parco in collaborazione con la Sezione italiana dell’Alleanza mondiale per il paesaggio terrazzato (ITLA ITALIA).
“Il corso aveva l’obiettivo di valorizzare e recuperare il paesaggio terrazzato majellense – spiega Maurizio Monaco, referente del progetto “Paesaggio agro-pastoale del Parco – incoraggiando l’utilizzo di tecniche tradizionali integrate ed ecosostenibili, e risvegliando l’interesse collettivo nei confronti delle tecniche costruttive legate alla tradizione rurale locale, oggi raramente impiegate e sempre più frequentemente sostituite da pratiche edilizie moderne di scarsa sostenibilità ambientale, nonché di dubbio valore estetico e naturalistico”.
Al primo corso hanno partecipato venti ragazzi, tra questi c’erano lavoratori di cooperative agricole che volevano approfondire la tecnica di costruzione, alcuni venivano da fuori regione: “sono arrivate richieste da tutta Italia, purtroppo non siamo riusciti ad accontentare tutti”, aggiunge Monaco mentre annuncia che il corso previsto per la scorsa primavera, e poi annullato a causa del Covid19, verra riprogrammato appena le condizioni sanitarie lo permetteranno. “Rispetto allo scorso anno abbiamo lavorato su una particella comunale e ora abbiamo acquistato un terreno nostro per avere un’aula didattica e attività permanenti e poter organizzare anche corsi di educazione ambientale per i ragazzi”.
Ma oltre ai corsi, l’obiettivo è arrivare al riconoscimento della figura professionale di ‘maestro costruttore di pietra a secco’. “Su questo stiamo lavorando coordinandoci con tutte le associazioni nei territori e soprattutto con la ITLA (Alleanza mondiale per il paesaggio terrazzato), per riuscire a creare una scuola italiana della pietra a secco”.
Quel che è certo, è che una nuova sensibilità sta nascendo un po’ in tutta Italia, e un segnale importante è il riconoscimento da parte dell’UNESCO dell’arte della costruzione della pietra a secco come patrimonio culturale intangibile dell’umanità.
La scelta da parte dell’UNESCO di inserire l’arte dei muri a secco di Cipro, Croazia, Francia, Grecia, Italia, Slovenia, Spagna e Svizzera nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale arrivò nel dicembre 2018 e veniva motivata con queste parole: “Queste costruzioni dimostrano l’armoniosa relazione tra gli uomini e la natura e allo stesso tempo rivestono un ruolo vitale per prevenire le frane, le inondazioni e le valanghe, ma anche per combattere l’erosione del suolo e la desertificazione”.
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