di Ludovica Schiaroli
Ci vuole sempre la giusta chimica affinché qualcosa accada e la storia di come il progetto Stonewalls sia divenuto realtà ne è la dimostrazione. La prima suggestione parte da un articolo di giornale, siamo nel 2018, e su un quotidiano locale si racconta di come attraverso la programmazione europea sia possibile finanziare progetti di interesse comunitario di alto valore paesaggistico, culturale. L’articolo cattura l’attenzione di Eugenio Bordoni, vice presidente della Fondazione Manarola che dal 2011, dopo la devastante alluvione che colpì le Cinque Terre causando undici vittime, è impegnato nella tutela dei terrazzamenti di Manarola, intesi come presidio necessario per fermare il dilavamento a valle della montagna.
Tramite un amico comune contatta Ugo Miretti, esperto di progettazione europea, soprattutto nell’ambito dell’economia circolare e della produzione sostenibile, che sarà la persona che metterà nero su bianco il progetto.
Fondazione Manarole e ITRB Group insieme con un obiettivo
“Io l’ho scritto, ma la paternità del progetto non può che essere di Eugenio Bordoni e della Fondazione Manarola” – racconta Ugo Miretti che oggi lavora per EASME, l’agenzia europea che gestisce diversi programmi compreso il LIFE, ma all’epoca era in forza a ITRB Group, società che si occupa di proposte e progetti UE, mentre spiega come il progetto gli sembrò subito di grande interesse perché “ha obiettivi molto concreti e innovativi, visto che intende recuperare terrazzamenti abbandonati tramite l’affitto di lungo periodo per poi dare i terreni in gestione ad aziende del territorio”.
Si trattava di usare i fondi europei per recuperare l’eredità storica e naturale delle Cinque Terre, Miretti capisce subito il portato culturale e l’importanza ambientale del progetto e invita Bordoni a Bruxelles dove partecipano a un Open Day sul Programma LIFE.
Da Manarola a Bruxelles
“Durante l’incontro abbiamo notato che il progetto cadeva perfettamente all’interno del sub-programma di adattamento climatico del Programma LIFE – continua Miretti – e abbiamo iniziato a scrivere la proposta”.
Insieme decidono lo sviluppo del progetto, gli obiettivi e il partenariato.
“Da subito ho pensato che fosse un’eccellente idea – spiega Miretti – la forza della proposta era che poteva avere più di un obiettivo: prima di tutto contribuire all’adattamento al cambiamento climatico dal punto di vista della mitigazione delle inondazioni, (necessità resa evidente dall’alluvione del 2011), altri vantaggi si riscontravano in ambito sociale attraverso l’integrazione dei migranti che imparando a costruire e mantenere i muri a secco, aiutano a preservare territorio e tradizione, e da un punto di vista agricolo si contribuiva sostenere la biodiversità”.
Il progetto diventa realtà
“Più ci lavoravo più pensavo che avevamo le carte in regola per vincere, perché oltre agli aspetti sociali, economici e ambientali, il progetto ha un enorme potenziale di replicazione, costituito dalla partecipazione fin dall’inizio del Dipartimento di Barcellona in Catalogna”. Tra gli elementi chiave dei progetti che fanno parte del Programma LIFE la replicabilità ha una grande rilevanza. Il progetto deve infatti dimostrare di potere essere riadattato in altre aree e territori.
“Inoltre il lavoro già realizzato dalla Fondazione – continua Miretti – anche se su piccola scala, dimostrava che il progetto era valido”.
Il cuore del progetto è rappresentato dall’azione della Fondazione Manarola che si occupa di rintracciare i privati, prendere i terreni in comodato d’uso, risistemarli e infine darli in gestione alle aziende agricole che ne fanno richiesta. A coordinare e sovrintendere tutte le azioni c’è il Parco Nazionale delle Cinque Terre, da subito impegnato per la riuscita del progetto.
I numeri di cui parliamo sono piccoli, soprattutto se confrontati all’attuale emergenza climatica, visto che il progetto intende recuperare circa 6 ettari di terrazzamenti con muri a secco e le relative opere di regimazione idraulica nell’anfiteatro di Manarola, Miretti ne è consapevole. “Il progetto è una goccia nel mare, cioè, ha un impatto grande su un territorio specifico, quello delle Cinque Terre, ma piccolo rispetto a tutto il resto ma – continua – rappresenta un approccio di successo che può essere replicato in altre aree”.
Sono già stati individuati due siti all’interno del Parco delle Cinque Terre, oltre che nel Dipartimento di Barcellona in Catalogna.
Elemento fondamentale è la buona comunicazione del progetto, di questa parte si occupano ITRB Group e Legambiente che hanno anche il compito di raccontare l’andamento delle azioni e via via gli obiettivi raggiunti.
I risultati di Stonewallsforlife verranno poi presentati in alcuni forum mondiali, come ad esempio al “Covenant of Major” – dove sono presenti tutte le amministrazioni locali (tra queste anche i comuni delle Cinque Terre), che si sono impegnate a contribuire a raggiungere gli obiettivi di Parigi sul clima.
Un filo rosso tra Langhe e Cinque Terre
Stiamo conversando da circa un’ora quando Miretti si rende conto che continua a raccontare come fosse ancora parte del progetto, se ne accorge e ammette quanto sia legato a questa terra così simile alle sue Langhe.
“Ho un attaccamento particolare a questi paesaggi, i terrazzamenti e i muri a secco delle Cinque Terre mi ricordano qualcosa di famigliare, le mie Langhe. Possiedo una piccola vigna a Cortemilia, che ho ereditato da mio nonno e fatico a mantenere. Ma il mio amore per le Cinque Terre precede l’arrivo del progetto – ammette – sono venuto tanti anni fa a fare trekking ed è stata un’esperienza bellissima ma a tratti anche straziante quando ho attraversano zone dove si vedono muri franati non più mantenuti, dove la roccia nuda è esposta perché non c’è più il muro che trattiene e tutto viene trascinato a valle. Anche per preservare questo paesaggio ho accettato la sfida lanciata da Eugenio e dalla Fondazione Manarola e ce l’abbiamo fatta”.
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