di Ludovica Schiaroli
I muri a secco caratterizzano tutta la nostra regione: da levante a ponente sono circa ventimila i km terrazzati dall’uomo. Si chiamano cian nelle Cinque Terre, oppure Maixei dal latino maceries e sono il lascito dei nostri antenati che con fatica hanno strappato metro per metro un po’ di terra al declivio.
Poco distante da Finale Ligure è possibile immergersi in un ambiente ancora incontaminato che bene racconta le nostre radici. Siamo a Calvisio Vecchio dove facilmente si raggiunge a piedi il piccolo agglomerato rurale di Lacremà: un pugno di case dove il tempo sembra essersi fermato e che bene racconta la società contadina che le ha erette. Gli edifici, come i muri tutto attorno, sono costruiti esclusivamente con quanto veniva trovato in zona, spesso è la roccia viva ad essere scavata, un modo molto pratico ed economico per rispondere alle esigenze abitative dell’epoca.
Ma bisogna lasciare il piccolo borgo di Lacramà e imboccare la Salita ai Bricchi per riscoprire un luogo magico e incantato: grotte, incisioni rupestri, antichi ripari e imponenti muri a secco ricordano un paesaggio fortemente antropizzato nei secoli passati. Di grande rilievo il misterioso Cerchio megalitico di Camporotondo, il cui accesso è reso ancora più spettacolare dai tanti muri a secco che lo circondano e segnalano l’antica presenza dell’uomo.
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