di Ludovica Schiaroli
Insieme al team dell’Università di Genova per scoprire come grazie al progetto Stonewallsforlife si può ridisegnare il futuro dei paesaggi terrazzati e delle Cinque Terre.
«Oggi l’obiettivo era individuare i siti adatti ad installare le stazioni multiparametriche che effettueranno il monitoraggio del terreno e dei muri a secco misurando la risposta del territorio terrazzato ad eventi pluviometrici estremi, situazioni che a causa dei cambiamenti climatici potrebbero intensificarsi ulteriormente nei prossimi anni».
Lo spiega Andrea Cevasco, professore di geologia applicata presso il DISTAV (Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e della Vita) dell’Università di Genova, che nell’ambito del progetto Stonewallsforlife, insieme ai ricercatori Giacomo Pepe, Andrea Mandarino e Andrea Vigo, ha il compito di individuare le pratiche di gestione migliori al fine di rendere l’ambiente terrazzato più resistente e resiliente ai cambiamenti climatici.
Dopo lo studio il progetto entra nel vivo
Con la fine dei lavori di rimozione della vegetazione spontanea nel primo lotto è stato possibile avere una visione complessiva dello stato dei terrazzamenti presenti così da capire gli interventi da effettuare. «I mesi precedenti sono stati necessari per delineare le caratteristiche geologiche e geomorfologiche dell’area interessata dal progetto – racconta Andrea Vigo – nonché per effettuare una mappatura di dettaglio dei terrazzamenti, analizzarne lo stato di conservazione ed i processi di instabilità che li affliggono».
Una lente di ingrandimento sui terrazzamenti
Le quattro stazioni multiparametriche saranno come una sorta di lente di ingrandimento, che aiuteranno a capire come rispondono il muro e il terreno agli eventi pluviometrici.
«Saranno distribuite in aree caratterizzate da condizioni di utilizzo e di stato della muratura differenti – spiega Andrea Mandarino – perché dovranno registrare come le diverse condizioni in cui si trova il terrazzamento influiscono sulla risposta dello stesso agli eventi di pioggia; per quanto riguarda la tecnica di ricostruzione dei muri collassati – che potrà essere tradizionale o con qualche accorgimento tecnico innovativo – valuteremo quale fornirà la risposta migliore in termini di mitigazione del rischio geo-idrologico e dei potenziali effetti dei cambiamenti climatici».
«Tutto ciò non nasce per caso – continua il prof. Cevasco – ma è la naturale prosecuzione di studi che, assieme a diversi colleghi, abbiamo avviato dopo l’alluvione del 2011, che hanno mostrato che nelle fasce abbandonate da pochi anni le frane e in generale i dissesti sono state più ampie rispetto alle zone ancora coltivate; l’estensione poi diminuisce nelle fasce abbandonate da più tempo, ad esempio da diversi decenni».
Le informazioni arrivano dal sottosuolo
«Tutte le informazioni arriveranno da appositi sensori inseriti nel terreno, che registreranno in continuo vari parametri a diverse profondità, oltre che all’interno del muro» – racconta Giacomo Pepe mentre aggiunge che la presenza di una stazione meteorologica servirà a rilevare e monitorare i dati di pioggia in tempo reale.
Inoltre, le stazioni saranno installate in modo tale da consentire l’ordinaria attività agricola e al tempo stesso da acquisire dati “interessanti” nell’ottica dell’implementazione del progetto.
Analizzando i dati registrati si potrà così capire come si comporta il terreno che è «un sistema dinamico, nel senso che nel corso dell’anno si trova a rispondere diversamente a seconda della situazione meteoclimatica».
Almeno due anni di attesa per i primi risultati
A breve saranno posizionate le stazioni, ma per avere i primi risultati dovranno passare almeno un paio di inverni, solo in questo lasso di tempo ci saranno abbastanza dati da confrontare per capire come risponde il sistema muro-terreno al verificarsi delle precipitazioni e per valutare gli effetti di differenti tecniche costruttive o pratiche gestionali. «I dati serviranno per il futuro, per i siti di replicazione – conclude il prof. Cevasco – d’altronde questa è un’occasione unica, non capita spesso di avere la possibilità di svolgere studi così approfonditi che auspichiamo possano fornire preziose indicazioni per la gestione futura dell’ambiente terrazzato».
Mentre camminiamo per i terrazzamenti non possiamo fare a meno di notare la terra arsa sotto i nostri piedi, non piove da mesi, la preoccupazione è grande soprattutto nelle parti più ripide dove una pioggia più intensa potrebbe facilmente dilavare a valle il terreno. Affacciarsi da queste terrazze e vedere i tetti dell’abitato di Manarola poco più sotto fa capire l’importanza di un progetto come Stonewallsforlife.
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