di Ludovica Schiaroli
Intervista a Eugenio Bordoni che racconta il lavoro certosino della Fondazione Manarola per trovare i proprietari di ogni appezzamento dopo che sono stati chiusi i contratti dei primi lotti del progetto.
Il paesaggio sopra Manarola è cambiato. Il colpo d’occhio è impressionante: dove prima c’erano rovi, alberi, prevalentemente macchia mediterranea, ora si vede quanto resta ancora da fare.
«È una bella soddisfazione vedere i lavori che entrano nel vivo. Per decenni quando guar-davo fuori dalla finestra lo scenario era quello di un abbandono progressivo, con Sto-newallsforlife siamo riusciti ad invertire la tendenza, un bene per tutti, per la comunità ma anche per i turisti che arrivano a Manarola».
Eugenio Bordoni è il vice presidente della Fondazione Manarola, tra i primi a credere nel progetto e ad impegnarsi perché si realizzasse, un lavoro complesso che ha visto la Fon-dazione in campo sin dal 2014 e che oggi mostra i suoi frutti.
Come una caccia al tesoro
Il primo passo è stato incrociare i dati catastali con i proprietari e lo si è fatto attraverso un mappale che restituisce l’immagine di un territorio suddiviso in tanti lotti e particelle. «At-traverso una ricerca certosina siamo risaliti a tutti i proprietari – racconta Bordoni – molti erano emigrati, altri deceduti, alcuni nemmeno sapevano di essere proprietari di un pezzo di terra. Per fortuna tra i consiglieri della Fondazione, due o tre sono delle ban-che dati viventi e anche grazie alla loro memoria se siamo riusciti a contattare tutti». Dove non arrivava la memoria ha aiutato il catasto e una volta messi insieme tutti i nominativi, i proprietari sono stati contattati uno a uno per presentargli il progetto e chiedere loro la di-sponibilità a firmare un contratto dove cedono in affitto il terreno con possibilità di su-blocare (successivamente alle aziende agricole che subentreranno a lavori ultimati).
Proprietà grandi come fazzoletti
La Fondazione ha individuato un’area di 11 ettari suddivisi in lotti e particelle. La dimen-sione media di una particella è di 153 metri. «In breve per ogni lotto ci sono circa 50 proprietari da contattare. Il progetto Stonewallsforlife corrisponde a un po’ meno della me-tà degli ettari nella nostra disponibilità e ad oggi siamo riusciti a chiudere contratti per circa due ettari e mezzo di terreni e ci abbiamo messo quasi tre anni», spiega Bordoni.
Il primo lotto era già stata chiuso prima dell’avvio di Stonewallsforlife, ma se prima c’era un po’ di scetticismo e quando i proprietari venivano contattati alcuni non capivano l’importanza del progetto, adesso, soprattutto chi vive a Manarola ha capito che è un modo non solo per valorizzare il territorio ma anche per salvaguardarlo.
«Ora mi fermano per strada, c’è interesse e la percentuale di contratti chiusi è aumentata: nel primo lotto avevamo raggiunto il 75-80 per cento di terreni ora siamo al 90 per cento – aggiunge Bordoni – da poco abbiamo chiuso anche i contratti per il terzo lotto e a breve potranno partire i lavori di pulizia».
Le sfide per il futuro
Nonostante qualche ritardo dovuto alla pandemia, il progetto procede come da programma e ora dopo la pulizia dei primi lotti, la successiva ricostruzione dei muri a secco caduti in questi anni e le valutazioni dei ricercatori dell’Università di Genova che a breve installe-ranno le tre stazione multiparametriche, Bordoni attende che vengano impiantate le prime barbatelle nei campi.
«Spero inizino al più presto con la piantumazione di barbatelle o altro perché ora che le fasce sono pulite c’è un rischio maggiore di dilavamento a valle nel caso ci fosse un evento atmosferico estremo – dice Bordoni – allo stesso tempo bisogna mantenere le fa-sce pulite. Ma tolti gli ostacoli tecnici c’è sicuramente da valutare come reagirà, dopo due anni di pandemia, un tessuto imprenditoriale composto prevalentemente da realtà fami-gliari molto piccole».
Da progetto è previsto che una volta che i lavori saranno conclusi, le fasce e i muri ripristi-nati e il terreno messo a coltivazione, vengano individuate delle aziende agricole locali che prendano in gestione i campi ad un affitto simbolico.
«Ogni terreno abbandonato è sia un pericolo che un’occasione economica potenziale perduta – conclude Bordoni – penso che il lavoro che dal 2014 sta portando avanti la Fondazione, oggi rilanciato dal progetto Stonewallsforlife, sia molto importante per-ché va proprio in questa direzione».
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